animaliAvete in vista un matrimonio impegnativo, uno di quelli da 200 invitati in su? Allora potete scommettere qualunque cifra che almeno una cinquantina di persone conosceranno gli sposi a malapena (un vero spreco di risorse!). Una persona non può avere realmente tutte queste “amicizie”, così reali da condividere il giorno più bello o solamente virtuali se pensiamo a Facebook. Lo dimostra scientificamente l’inglese Robin Dunbar, professore di antropologia evolutiva alla Oxford University, che ha pubblicato un libro, intitolato “Di quanti amici abbiamo bisogno?” (Cortina). Risposta:(continua)

 

animaliAvete in vista un matrimonio impegnativo, uno di quelli da 200 invitati in su? Allora potete scommettere qualunque cifra che almeno una cinquantina di persone conosceranno gli sposi a malapena (un vero spreco di risorse!). Una persona non può avere realmente tutte queste “amicizie”, così reali da condividere il giorno più bello o solamente virtuali se pensiamo a Facebook. Lo dimostra scientificamente l’inglese Robin Dunbar, professore di antropologia evolutiva alla Oxford University, che ha pubblicato un libro, intitolato “Di quanti amici abbiamo bisogno?” (Cortina). Risposta: al massimo150. Oltre questa soglia, i contatti si perdono, diventano vapori opachi che si disperdono rapidamente nella nostra vita.

Amico utile

Come è stato calcolato quel numero? L’ho chiesto all’autore stesso, che rivela quanto l’amicizia possa essere, in fondo, anche una questione egoistica: «L’ho ottenuto da un’equazione che ha messo in relazione le dimensioni del cervello umano con il numero di persone che possono far parte di un gruppo sociale. Non è un caso che i numero 150 si ritrovi un po’ ovunque. Per esempio nell’industria: i sociologi sanno fin dagli Anni Cinquanta che in un’azienda, quando si supera il numero di 150 – 200 dipendenti, i casi di assenteismo e malattia si moltiplicano. Viceversa nelle imprese più piccole, in cui il dirigente ha la possibilità di conoscere uno per uno i suoi lavoratori, l’ambiente è migliore e diventa più produttivo. Il signor Gore, fondatore della GoreTex ha scelto di costruire filiali che non superino mai questo numero. Un altro esempio: nei villaggi neolitici del 6000 a.C. la comunità non superava le 120-150 unità ed è così oggi per gli Amish e gli Huttery, due gruppi religiosi fondamentalisti, che vivono in comunità medie di 110 persone. Gli esempi potrebbero continuare. Ma passiamo alla corteccia cerebrale. Noi siamo animali sociali e come tali  tendiamo a impostare relazioni “di qualità”. Non ci interessa soltanto ricordare i nomi o sapere che X sta con Y ed entrambi sono amici di Z. Ci preme soprattutto sapere come usare le nostre conoscenze e ottenere l’aiuto degli amici in caso di bisogno. In altre parole: se chiederemo un favore nel giro di quelle 150, avremo più probabilità di vederci accontentati piuttosto che rivolgerci all’esterno di questo gruppo». Insomma, c’è sempre un pizzico di opportunismo quando ci impegnamo in una relazione di intimità e simpatia. Forse sarà difficile accettare questo “lato oscuro” ma l’amicizia rimane soprattutto una complessa forma d’amore, difficile da definire, come sottolinea lo scienziato: «Essere sinceri, non far mai mancare la nostra presenza, divertirsi insieme: non sappiamo esattamente quali siano gli ingredienti che definiscono una “vera” amicizia. Condividere cose in comune, come il passato, il luogo di nascita, hobby e ridere molto insieme – sono le cose che aiutano a “cementare” il rapporto. Anche gli eventi fortemente emozionanti, buoni o tristi che siano, aiutano a fortificarla. Aristotetele diceva che gli amici devono mangiare sale insieme, intendendo appunto che dovevano condividere non solo i pasti ma anche il bello e il brutto della vita».

Se è impossibile descrivere questo sentimento, sicuramente è fondamentale per essere sereni. Secondo lo psicologo Ed Diener, professore alla University of Illinois, infatti, la chiave della felicità è nella profondità dei rapporti personali. Le donne sfruttano meglio questa potenzialità, come ha raccontato la neuroscienziata sociale Shelley Taylor della University of California nel suo libro The Tending Instict (L’istinto di accudire, Holt). Questo feeling non solo fa bene all’anima ma anche al corpo: abbassa la pressione, stimola il sistema immunitario contro le infezioni e “scioglie” lo stress. Sarà per questo che in media le donne sono più longeve? La Taylor non lo esclude affatto, anzi.

E gli amici di FB?  Mi dice Dunbar: «La tecnologia ci può soltanto aiutare a tenere i contatti con le persone che non riusciamo a vedere regolarmente e impedisce l’interruzione del rapporto nel tempo. Ma non può sostituire l’importante interazione faccia-a-faccia, che rinforza il rapporto, soprattutto fra amici maschi. Per gli uomini infatti fare cose insieme è la cosa più importante per tenere vivo un rapporto di amicizia. Può essere la corsa in bici o la partita ai games in tv sul divano. Secondo me la complicità al maschile può essere visualizzata come due ragazzini che si passano la palla avanti e indietro per gioco, dove non importa molto se dall’altra parte c’è l’amicone del momento o il muro di una casa: l’importante è che la palla torni indietro. Nelle donne invece parlare e comunicare – quindi anche grazie alla via tecnologica tramite il telefono o Facebook – permette di mantenere più facilmente le relazioni, con uno spessore che gli uomini spesso non hanno. D’altra parte però quando le donne litigano fra loro, rischiano di incrinare seriamente i loro rapporti».

Il dottor Gindo Tampubolon della University of Manchester, esperto di scienze sociali,  conferma la profondità dell’amicizia al femminile, che non esita a definire “più morale” perché si stabilisce non per ottenere qualcosa, come fanno solitamente i maschi fra loro, ma perché è una relazione vera e gratificante per l’anima, che permette di esprimere e formare la propria identità. Non a caso quindi le donne preferiscono, nel 75% dei casi, secondo la ricerca dello studioso inglese, stringere un rapporto con persone dello stesso sesso. Per questa profonda differenza l’amicizia fra uomo e donna, dunque, è così rara? «In realtà la colpa è dell’attrazione sessuale, che prima o poi nella maggioranza dei casi finisce sempre per mettersi in mezzo» afferma il professor Dunbar.

Pssst…hai sentito?

C’è un’attività che fra amici prima o poi fa sempre capolino: il gossip. Da sempre riportare le notizie relative a qualcuno è considerato una cosa spiacevole e deprecabile ma è davvero così? Secondo Dunbar no: i pettegolezzi fanno parte della nostra essenza di esseri umani. Naturalmente anche in questo caso ci sono profonde differenze fra le chiacchiere delle amiche e quelle degli amici perché si giocano due tipi di “strategie sociali”. Le donne tendono a informarsi su ciò che accade alle altre amiche: è un modo per sentirsi confermate all’interno del gruppo. Gli uomini invece, ripieni di autostima, amano parlare di sé oppure emettono fiumi di parole per un argomento su cui sono molto ben informati: un modo come un altro, dice Dunbar nel suo libro, per fare la ruota del pavone, per esporre le proprie caratteristiche di maschio dominante. Ma attenzione: non appena una donna si avvicina al gruppo, la conversazione, fateci caso, cambierà all’improvviso. I maschi infatti dimenticheranno la loro competizione e ne inizieranno subito un’altra: strappare una risata alla loro amica con una battuta brillante sarà la forma di auto-promozione più efficace. Che siate in 150 donne o meno.