scadenza

 

Il mio articolo dedicato alla scadenza dei cibi, pubblicato su Wellness, allegato a Donna Moderna n. 47 del 20 novembre 2013

Ti capita di mangiare uno yogurt scaduto da un giorno o consumare la pasta scaduta da un mese? Nessun problema ma quello che potrebbe per te essere un’eccezione, in Grecia sta diventando una cosa normale. Sta facendo scalpore la notizia che in quel Paese i supermercati vendono a metà prezzo i cibi scaduti.

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scadenza

 

Ti capita di mangiare uno yogurt scaduto da un giorno o consumare la pasta scaduta da un mese? Nessun problema ma quello che potrebbe per te essere un’eccezione, in Grecia sta diventando una cosa normale. Sta facendo scalpore la notizia che in quel Paese i supermercati vendono a metà prezzo i cibi scaduti.

In Italia questa iniziativa sarebbe destinata a fallire: il sondaggio Eurobarometro, l’indagine periodica a cura della Commissione Europea, ha messo in luce che siamo molto “schizzinosi”. Alla domanda in cui si chiedeva se ogni tanto mangiavano cibi scaduti, hanno riposto “sì” il 51% degli europei, di cui l’81 degli svedesi e solo il 27% degli italiani.

Osserva il dottor Giorgio Donegani, tecnologo alimentare: «Per cultura siamo un popolo piuttosto suscettibile all’argomento “cibo”, direi quasi “apprensivi” ma questo atteggiamento rivela una scarsa informazione. Spesso basta usare il buon senso per riconoscere se un cibo è ancora buono e anche noi potremmo evitare tanti sprechi». Allora cerchiamo di fare chiarezza e scoprire se un cibo, nonostante la data sorpassata, può essere ancora mangiabile.

 Che differenza c’è fra il termine minimo di conservazione (TMC) e la data di scadenza?

«Il TMC è quello indicato  dalla  dicitura «Da consumarsi preferibilmente entro il …», cioè il periodo fino al quale sono garantite il sapore e il contenuto di vitamine, sali minerali, ecc, in altre parole le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto in adeguate condizioni di conservazione. Alle volte lo trovi indicato anche in inglese con le parole “best before…”. È usato nel caso della pasta, riso, salsa di pomodoro, marmellata, maionese, sottaceti, succhi di frutta, biscotti ecc.. Se consumi qualcosa dopo qualche giorno dal termine minimo di conservazione, non ci sono problemi di salute: per esempio, un biscotto potrebbe essere meno friabile, o meno gustoso ma le modifiche riguardano il gusto, non la sicurezza. La data di scadenza invece è indicata nel caso di alimenti molto deperibili, come per formaggi freschi, yogurt, uova, pasta fresca» spiega la dottoressa Cinzia Le Donne, nutrizionista del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura del Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione. Aggiunge il dottor Donegani: «Per esempio se troviamo muffa sui biscotti, significa non tanto che è passato troppo tempo ma che sono stati conservati male, cioè in ambiente umido. Se ben conservati, infatti, possiamo consumare i biscotti anche dopo due mesi dalla scadenza del tmc senza rischiare proprio nulla. Idem per le passate di pomodoro nelle loro lattine ermetiche: se sono sempre state chiuse, posso consumare anche un paio di mesi dopo il tmc. Per la pasta se si conserva bene in luogo asciutto rimane commestibile senza rischi ben oltre due mesi passato il tmc».

Quali sono i rischi di consumare un alimento oltre la data di scadenza?

«Dipende dal tipo di batterio che si sviluppa. Alcuni possono alterare il cibo senza che ce ne accorgiamo altri alimenti invece sviluppano subito muffe evidenti a occhio nudo. In generale il rischio è di quello di sviluppare disturbi gastrointestinali con sintomi più o meno gravi che dipendono dal tipo di batterio, di alimento, dalla quantità ingerita e dalla quantità  di batteri che si sono moltiplicati» afferma l’esperta. Per esempio, prendiamo le fette di carne fresca comprata al banco. «Va consumata entro 3 giorni. Invecchiando sviluppa sostanze poco sane (amine) che le danno un odore pesante. Il rischio principale è che si sviluppino batteri nocivi come lo stafilococco aureus, che dà sintomi gastrointestinali. Non  si tratta di norma di tossinfezioni gravi, ma decisamente fastidiose. In ogni caso, l'odore della carne è un primo indice di freschezza da considerare. Non fatela cuocere: alcuni microrganismi, come lo stafilococco, sviluppano tossine termoresistenti, cioè che la cottura non distrugge. Nel dubbio che la carne non sia più sana conviene buttarla».

Oltre la data di scadenza quindi il cibo è da buttare?

«Dipende. Per esempio, uno yogurt due giorni dopo può avere ancora un buon sapore, al massimo ha perso parte dei suoi fermenti lattici. Guardatelo e annusatelo: se è omogeno, senza grumi e ha un buon profumo, è ok. Il latte fresco dura 6 giorni conservato a 4°C ma se il settimo giorno è ancora chiuso e conservato in frigo, può essere ancora buono, per verificare basta assaggiarlo. Analogamente per i formaggi a pasta dura: se sviluppano un po’ di muffa, si può toglierla con un coltello prelevando uno strato abbastanza spesso e poi assaggiate il prodotto. I formaggi molli invece, come la mozzarella o la crescenza, se hanno la muffa sono da buttare. Le uova durano 28 giorni e sono ritirate dai supermercati al giorno 21 per precauzione: teoricamente non c’è problema mangiarlo al trentesimo giorno ma nel dubbio osservare bene l’uovo: il bianco non deve essere liquido e giallo ma gelatinoso e trasparente. Se ritieni che sia ok, mangialo sodo, così con la cottura muoiono gli eventuali microbi» consiglia Donegani.

Quando scadono la carne e il pesce presi al banco del fresco?

«La carne va consumata al massimo dopo 3 giorni mentre gli affettati, tagliati freschi, entro 2 giorni. Con il sottovuoto si può triplicare la durata del prodotto e alcuni macellai offrono questo tipo di servizio. Per il pesce fresco dipende: più è piccolo, minore è la sua durata. Per esempio, le sardine possono rimanere in frigo al massimo 1 giorno mentre i pesci come il branzino, la sogliola o l’orata 2 giorni» raccomanda Donegani. Ami il carpaccio o la carne trita? «Quella va consumata entro le 24 ore» puntualizza la nutrizionista.

Farine e cereali: è vero che non bisogna fare scorta?

Sei scorta di cereali come orzo, farro, ecc devi essere sicura che la tua credenza sia perfettamente asciutta, come spiega Donegani: «Le condizioni di conservazione sono determinanti. Una dispensa umida crea l'habitat ideale per lo sviluppo di muffe, che su cereali, granaglie e farine possono crescere con produzione di tossine fortemente cancerogene (in particolare quelle chiamate aflatossine). Il tempo di sviluppo può anche essere breve, dell'ordine di pochi giorni se l'umidità è sufficiente. Le alterazioni non sempre sono immediatamente visibili, ma si accompagnano allo sviluppo di un tipico odore di stantio e di muffa. Se si hanno dubbi, è bene buttare tutto. Va anche tenuta presenta la possibilità che l'ambiente umido favorisca lo sviluppo di parassiti (le cosiddette "farfalline"), che nella farina si possono evidenziare anche allo stadio iniziale osservando la presenza di bave tipo ragnatele. Le farine e i cereali parassitati non sono nocivi ma… fanno abbastanza schifo».

Le spezie hanno date di scadenza lunghe: cosa succede se le uso oltre il termine previsto?

«Le spezie essendo essiccate  hanno una quantità di acqua ridottissima che impedisce alla maggior parte dei batteri di crescere quindi possono essere conservate a temperatura ambiente. Quando arrivano nelle nostre case, importantissimo è la conservazione soprattutto dopo l’apertura: lontano dalle fonti di calore, umidità, luce, preferibili sono i contenitori di vetro ed ermetici.

Osserva sempre il colore, la consistenza e l’aroma prima dell’uso: se queste caratteristiche vengono meno significa che la spezia ha perso le sue caratteristiche ed è preferibile scartarla».

Box: I barattoli fatti in casa

Quando decidi di fare la marmellata in casa o il sugo da conservare, segui scrupolosamente le norme igieniche perché rischi che il cibo possa promuovere lo sviluppo del botulino, un batterio che produce una tosisna estremamente pericolosa che provoca paralisi anche entro poche ore dall’ingestione. L’Istituto Superiore di Sanità avverte che la tossina botulinica è stata ritrovata in alimenti molto diversi come mais in scatola, peperoni, fagiolini, melanzane, barbabietole, funghi, spinaci, olive, tonno, paté, affettati sotto vuoto, pesce conservato e mascarpone. Avverte la dottoresa Le Donne: «La tossina botulinica viene distrutta alle alte temperature e, quindi, i vasetti vanno bolliti per almeno 10 minuti. Inoltre più un cibo è acido (come per esempio la conserva di pomodori, sott’aceti o le marmellate) e salato, e meno probabilità ci sono per lo sviluppo del batterio. Il botulino è particolarmente insidioso perché spesso non cambia le caratteristiche apparenti del prodotto.. Le conserve sott’olio e al naturale invece sono ad alto rischio. Se all’apertura una conserva presenta muffe, bollicine, odore o consistenza non regolari, non assaggiare il prodotto ed eliminarlo. È  consigliabile non preparare troppi vasetti perché “maneggiando” grandi quantità potremmo non assicurare il rispetto delle corrette norme igieniche a tutto il cibo trattato».