uvIeri è stata una giornata…ultravioletta. Nel pomeriggio parlavo con la mia amica veterinaria e mi diceva che vede spesso gatti bianchi che sviluppano tumori causati dai raggi ultravioletti, tipicamente sulle orecchie, tutte rosa prive di pigmenti, e sul nasino chiaro: si tratta di mici che stanno sempre all’aperto e che esattamente come noi umani, sono esposti al rischio di tumore chiamato carcinoma squamocellulare.

Poi la sera con alcune amiche si parlava di creme e lozioni e scopro che nessuna di loro sapeva che cosa realmente indica il fattore di protezione o spf, acronimo inglese di sun protection factor. Tutte avrebbero comprato l’spf 15, il più basso, per abbronzarsi in fretta e un spf 50, dicevano, non l’avrebbe permesso.  Peccato però l’spf 15, 30, 50 non hanno niente a che fare con la “copertura”: sono indici di tempo…(continua)

 

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Ieri è stata una giornata… ultravioletta. Nel pomeriggio parlavo con la mia amica veterinaria e mi diceva che vede spesso gatti bianchi che sviluppano tumori causati dai raggi ultravioletti, tipicamente sulle orecchie, tutte rosa prive di pigmenti, e sul nasino chiaro: si tratta di mici che stanno sempre all’aperto e che esattamente come noi umani, sono esposti sono esposti al rischio di tumore chiamato carcinoma squamocellulare. Poi la sera con alcune amiche si parlava di creme e lozioni e scopro che nessuna di loro sapeva che cosa realmente indica il fattore di protezione o spf, acronimo inglese di sun protection factor. Tutte avrebbero comprato l’spf 15, il più basso, per abbronzarsi in fretta e un spf 50, dicevano, non l’avrebbe permesso.  Peccato però l’spf 15, 30, 50 non hanno niente a che fare con la “copertura” ma sono indici di tempo.

Per mettere a punto l’spf i chimici cosmetologi hanno osservato dopo quanto tempo la pelle si arrossa al sole senza l’uso di alcun filtro. Così per esempio, se una persona inizia  scottarsi dopo 10 minuti e usa un filtro spf 15, significa che potrà stare al sole per 10×15 minuti, cioè 2 ore e mezza, prima di assumere una sfumatura al San Marzano. Ancora un esempio: se si diventa rossi dopo 5 minuti e si usa un spf 50, significa che si può rimanere al sole protetti dal filtro 50 per 5×50 minuti quindi per poco più di 4 ore. Ma queste sono indicazioni del tutto teoriche perché il calore, il sudore, i bagni e gli raggi ultravioletti stessi degradano le molecole protettive, quindi i dermatologi raccomandano di rinnovare la protezione solare ogni 2 ore e mezzo circa.

Interessante un altro fatto: l’spf 15 ferma il 93% dei raggi UVB. L’spf 30 il 97% circa e l’spf 50 il 98%. Quindi come si vede l’spf va scelto in base a come reagisce la propria pelle. Le più sensibili o quelle con una storia di tumore della pelle in famiglia, è meglio che optino sempre per un spf 50 perché una manciata di fotoni in più può essere fatale, dicono i dermatologi.

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L’spf si riferisce agli UVB e non agli UVA, di cui per ora non esiste una “scala” di valutazione. Che strano, gli UVA rappresentano il 95% della radiazione ultravioletta,  come mai non sono stati ancora “classificati”? C’è una spiegazione: etica. I raggi UVB partecipano all’invecchiamento della pelle e ai danni profondi in misura minore rispetto ai raggi UVA ma hanno un’azione visibile: l’arrossamento della pelle, sul quale si basa il test dell’spf. Invece i raggi UVA sono più energetici e penetrano in profondità fino al cuore delle cellule, dove c’è il DNA: se questo è danneggiato,  si  favorisce l’insorgenza di tumori. E i cosmetologi considerano non etico esporre un persona a un test cosmetico dove il rischio è quello di sviluppare una neoplasia. In altre parole per ora i chimici cosmetologi si devono accontentare di sfornare prodotti “ad ampio spettro”: nei moderni solari infatti vengono mescolati filtri che proteggono dai raggi UVB e dai raggi UVA ma quantificare la protezione di questi ultimi non è per ora possibile.

Esistono poi filtri fisici e filtri chimici. I primi sono come degli specchi che riflettono i raggi uvb all’indietro: si tratta dell’ossido di zinco e del biossido di titanio, sostanze bianchissime. I filtri chimici invece, catturando i raggi UVB, vibrano come delle molle e disperdono la loro energia sotto forma di calore (raggi infrarossi). Fra i tanti filtri chimici in etichette potete trovare: Aminobenzoic acid (PABA), Avobenzone, Octocrylene, Trolamine Salicylate, Sulisobenzone e tanti altri. Sì, esistono filtri specifici anche per cani e gatti.uv