primuleLe lunghe sere d’estate. Non al mare ma a casa, cercando di sopportare il caldo, pensando che sta cuocendo il corpo di tutti, che sta sciogliendo anche i pensieri più stupidi. Ma la potenza degli anniversari è immensa e anche se il tempo passa, tornano i ricordi: bussano alla mente con la loro valigia piena di dettagli e ti dicono: “Ciao, siamo tornati! Come va, tutto a posto?”. Ti danno uno spintone per entrare, si guardano in giro e in un attimo esondano, riempiendo ogni piega del tuo cervello. E tu non puoi fare altro che galleggiare, ringraziare la spinta di Archimede e aspettare che il Tempo li faccia evaporare di nuovo.(continua)

primuleLe lunghe sere d’estate. Non al mare ma a casa, cercando di sopportare il caldo, pensando che sta cuocendo il corpo di tutti, che sta sciogliendo anche i pensieri più stupidi. Ma la potenza degli anniversari è immensa e anche se il tempo passa, tornano i ricordi: bussano alla mente con la loro valigia piena di dettagli e ti dicono: “Ciao, siamo tornati! Come va, tutto a posto?”. Ti danno uno spintone per entrare, si guardano in giro e in un attimo esondano, riempiendo ogni piega del tuo cervello. E tu non puoi fare altro che galleggiare, pensare alla spinta di Archimede e aspettare che il Tempo li faccia evaporare di nuovo.

 

L’estate di nove anni fa. Accidenti, il tempo volo davvero.

 

Che forma ha il dolore dopo nove anni? Si è conservato nel sottovuoto della vita di ogni giorno, accantonato, ingombrante, da tenere al fresco prima che puzzi troppo. Eh, sì… E poi guai a dire la parola…sì, dai, la parola! "Mort…." Shhhh, non dirla! Diventi una blogger fighissima  scrivendo quanti orgasmi hai in una settimana, se ti fai i selfie seduta sul cesso poi ti affidano una rubrica sull bignewspost.it  ma… shhhhh, della morte non si parla. Sarebbe invece utile che la società la smettesse di considerare la morte una malattia, da "curare" con ogni mezzo. Ma questa è un'altra faccenda.

Faccio zapping: c’è più originalità in un cimitero (almeno cambiano i fiori) che nella tv estiva (dove le facce non cambiano mai).

 

E guarda un po’ su cosa mi fermo: un tizio straniero, che biascica l’italiano come se avesse degli scarafaggi in bocca, afferma di poter vedere e parlare con i morti delle persone. I visi delle persone inquadrate dalle telecamere sono visi pietrificati, interessati, gli occhi sprizzano curiosità. Mi viene voglia di dire ad alta voce: Accidenti, guardate che sto minchione vi sta prendendo in giro! Ehi ragazzi è più interessante la fisica nucleare, credetemi. No, la gente non crede che sia così. Abbiamo bisogno di credere a qualcosa di indimostrabile. Solo le cose sfuggenti danno un senso a questa vita? D’altra parte cos’è la vita: è un film in cui l’inizio e la fine sono uguali per tutti. E allora basta con queste ingombranti certezze: fateci sognare.

 

Ecco appunto: il para-tizio  blatera che ognuno di noi ha dei morti sotto forma di angeli che vivono dietro di noi. Non davanti o di fianco, dietro. Tipo: ti inseguo, non mi faccio vedere, sono meglio di una spia. Sono l’ectoplasma che speri di incontrare ma non mi vedi perché ti sto dietro.

Vabbé.

Il tizio osserva la platea e poi si ferma all’improvviso: fissa una signora di una certa età, diciamo una settantenne. E comincia la sua tele-para-cronaca: la tua mamma ti  chiede perdono per non essere stata una buona mamma. La signora, col mento tremante, annuisce. Il tizio continua: lei non voleva farlo (cosa? Boh!), ti chiede di perdonarla.

Ora, anche a me piacerebbe avere Anita appollaiata come un gufo sulla spalla (no, non dietro!) ma credo che le probabilità che tutto ciò sia vero è pari a quelle di essere scambiata per Claudia Shiffer sul treno domani mattina.

La tua mamma ti chiede perdono continua il para-tizio.

Ok, nonostante gli italiani siano ancora convinti che le madri siano donne superiori e infallibili, trovare una che abbia partorito e abbia fallito come genitore, è molto semplice. Anche pescando da un pubblico variegato.

Non voleva fare quello che ha fatto… biascica il para-tizio.

Cosa ha fatto di preciso? Non lo dice ovviamente perché non può saperlo ma la signora attempata al microfono, con la voce reticolata dall’emozione dice: Eh, sì, mi ha lasciata in collegio. Facendo due conti in base alla veneranda età, a quel tempo molti bambini finivano negli istituti perché le famiglie non avevano neanche un centesimo per poterli sfamare. Il para-tizio ora lascia in pace la signora e cerca la sua prossima vittima.

 

Anche questa è donna e sembra della stessa età. E le dice, fissandola negli occhi: Tuo marito ti dice di non prendertela, anche se ti fanno pressione non ti curare di loro, fregatene.

Ancora, il calcolo delle probabilità è favorevole al fatto che la signora sia vedova: si sa che i vedovi sono molto, molto più rari. Sul fatto che qualcuno le faccia “pressione”, il para-tizio non scende nei dettagli. La signora presa di mira, si limita ad annuire.

Signore e signore, non è finita. Ultima scena: il tizio si rivolge al un ragazzo di circa trenta-trentacinque anni e sentenzia: Ti dice che non era il momento di fare queste scelte.

“Ti dice” non si sa chi, uomo o donna, tipo di parentela non è dato. E quale scelta? Raderti la barba in una notte di plenilunio? Cambiare casa? Fidanzata? Cioè tutte quelle cose che un molto probabilmente fanno gli uomini a quell’età? Buffone.

Sarebbe bello avere la certezza che i nostri amati abbiano soltanto cambiato forma, come l’acqua che si trasforma in vapore. E che un giorno ci riabbracceremo di nuovo.  Io spero di rivederti nonna. Perché in questa vita mi manchi troppo. Ma sia chiaro: fino a quel giorno non voglio né vivi né morti, dietro di me.