elleSono fermamente convinta che uno scienziato senz'anima e senza cuore non possa essere un buon scienziato. Dopo gli insulti di un docente della prestigiosa scuola Sissa nei miei confronti scatenati dalla lettura di questo post,  alcuni lettori mi hanno chiesto se avessi scritto qualcosa di scientifico sulla demenza. Sì, quindi vi propongo il mio articolo, uscito sul mensile Elle del mese di luglio 2013…(continua)

 

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Il corpo vuoto

di Monica Marelli

«E’ una malattia diabolica. Prima ti toglie la tua essenza, i ricordi, le emozioni, le relazioni personali. Quando rimane solo il guscio vuoto, solo allora ha pietà della sua vittima e si porta via ciò che è rimasto. L’ho visto con mia madre, che era una donna adorabile. È stato come se avessi pianto la sua morte due volte: quel maledetto giorno in cui mi lanciò addosso un libro perché mi aveva presa per una sconosciuta e quando il suo corpo ha lasciato questa terra». Le parole di Gaia non lasciano dubbi: quella che lentamente ha portato via sua madre è la demenza di Alzheimer, la tipologia più frequente di demenza che colpisce il cervello in modo progressivo e non lascia scampo. Un tempo definita ‘demenza senile’ è caratterizzata da un disturbo delle funzioni cognitive (come attenzione, linguaggio, orientamento spazio-temporale e soprattutto memoria) e progressivamente dall’incapacità di vivere la quotidianità in modo autonomo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un rapporto pubblicato di recente, avverte che è  giunta l’ora di considerare queste malattie una priorità globale di salute pubblica: in tutto il mondo ogni 4 secondi nasce un nuovo caso di demenza. Questo è un tasso di crescita impressionante, pari a 7,7 milioni di nuovi casi ogni anno – le stesse dimensioni delle popolazioni della Svizzera e Israele. Apparentemente le più colpite sono le donne, come spiega la dottoressa Stefania Maggi, Dirigente di ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche dell’Istituto di Neuroscienze della Sezione Invecchiamento di Padova: «Nonostante diversi studi epidemiologici mostrino che la demenza di Alzheimer sia più frequente nel sesso femminile, se analizziamo l’incidenza, ossia il numero di nuovi casi per anno, essa è abbastanza simile tra uomini e donne, quindi l’ipotesi di una differenza di rischio è attualmente materia di interpretazioni contrastanti: sicuramente le donne vivono più a lungo degli uomini e quindi numericamente sono più numerose da una certa età in poi. Infatti il principale fattore di rischio è rappresentato dall’età avanzata in entrambi i sessi, mentre l’incidenza è molto rara sotto ai 65 anni, essa aumenta progressivamente con l’aumentare dell’età».

 

Quando preoccuparsi?

La demenza da Alzheimer è una malattia insidiosa che all’inizio si camuffa perfettamente con i piccoli deficit mnemonici che ognuno di noi sperimenta normalmente, magari per colpa di un periodo particolarmente stressante: non trovare le chiavi di casa, dimenticarsi dove si ha parcheggiato l’auto o non ricordare se abbiamo pagato una bolletta. «A differenza di altre malattie però non esiste un esame specifico per diagnosticare la malattia di Alzheimer. L’iter diagnostico prevede la raccolta della storia clinica personale e familiare, la valutazione dello stato mentale, un esame generale e neurologico, l’esecuzione di alcuni esami di laboratorio e di esami strumentali (tac, risonanza magnetica) e la valutazione neuropsicologica e psichiatrica» spiega la dottoressa Maggi. Dopo la valutazione la diagnosi può essere probabile: il medico prende in considerazione tutte le altre condizioni che possono causare demenza e giunge alla conclusione che i sintomi possono dipendere dall’Alzheimer; possibile significa che l’Alzheimer è probabilmente la causa principale della demenza, ma la presenza di un’altra malattia potrebbe influenzare la progressione dei sintomi. Spiega la dottoressa Maggi: «Nella fasi iniziali, la persona tende a dimenticare gli eventi recenti, mentre sono bene conservati gli eventi del passato che invece vengono intaccati nelle fasi più avanzate della malattia. Questa non è però una condizione sufficiente per parlare di demenza. In ogni caso dare attenzione ad  un disturbo cognitivo riscontrato nell’anziano, anche se lieve, è importante. L'esame neuropsicologico insieme agli esami clinici di routine possono identificare cause di declino cognitivo dovute non alla demenza ma come l’ipotiroidismo e l’anemia, il diabete, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, la depressione, le carenze vitaminiche (per esempio B12 e folati), le situazioni di stress emotivo». Se esiste un sospetto ci si può rivolgere al medico di base per chiedere di fare il mini mental test: durante la prova può essere chiesto di sillabare una parola, si mostrano degli oggetti da riconoscere, ecc. cioè tutte piccole operazioni di tipo cognitivo che ci appaiono semplicissime ma che diventano difficili nel momento in cui il cervello comincia ad avere quel tipo di deficit.

Strani accumuli

Cosa succede nel cervello di un malato di demenza? Lo spiega il dottor Emiliano Albanese, dell’americano National Institute on Aging (Istituto Nazionale sull’Invecchiamento): «Vi è l’accumulo di una sostanza chiamata beta-amiloide nello spazio tra i neuroni, e di una protenia chiamata tau invece dentro i neuroni. Entrambe spiegano la progressiva incapacità dei neuroni di comunicare tra loro e la graduale atrofia del cervello dovuta alla morte delle cellule». Sono trascorsi più di cento anni dalla prima descrizione della malattia – è stata descritta per la prima volta nel 1906 dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer – ma ancora oggi non se ne conoscono chiaramente le cause, come specifica Albanese: «Esistono due ipotesi principali: la teoria amiloidea e quella vascolare.  Secondo la prima, esiste una ‘cascata di eventi’ che porta alla sovraproduzione, al mancato smaltimento e quindi all’accumulo della beta-amiloide. La teoria vascolare invece sostiene che  il danno cerebrale è dovuto all’inefficienza del sistema vascolare del cervello e alle sue lesioni (come piccoli infarti o emorragie). Ad ogni modo le due teorie non sono affatto mutuamente esclusive e probabilmente condividono anche molti fattori di rischio, come per esempio l’ipertensione e il diabete». Considerato che sono note le lesioni che causano la malattia,  ci si dovrebbe aspettare che esistano dei farmaci per combatterla o addirittura curarla. Invece la strada è ancora lunga: «La demenza salvo poche importanti eccezioni e in particolare la malattia di Alzheimer, oggi non può essere curata perché non esistono medicine o altri rimedi efficaci. I farmaci a disposizione (i più noti sono gli inibitori dell’acetil colin-esterasi)  servono ad alleviare i sintomi, come per esempio il disturbo della memoria, ma l’efficacia di questi farmaci  varia moltissimo da paziente a paziente e in generale è bassa. Per i sintomi psico-comportamentali come agitazione, aggressività e depressione, si fa invece uso di anti-psicotici, che sono tipicamente usati in ambito psichiatrico. Vanno però usati con molta cautela, perché possono aumentare in modo importante sia il rischio di ictus che di mortalità. In Italia solo alcuni di questi possono essere usati e devono essere rigorosamente prescritti da uno specialista» dice Albanese. 

La prevenzione: serenità

Chi ha un genitore ammalato non dovrà necessariamente affrontare la stessa situazione, tranquillizza Albanese: «Esistono delle forme genetiche di demenza, ma queste sono molto rare e si sviluppano tipicamente prima dei 60 anni. Per le forme più comuni, tipiche dell’età anziana, è vero che avere un genitore o un parente che abbia sofferto di demenza aumenta il rischio di ammalarsi, tuttavia ciò non è affatto certo». Niente esami specifici, niente farmaci, niente cause note: rimane solo affidarsi alla prevenzione, che però deve inziare fin da subito, come raccomanda la dottoressa Maggi: «Le ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che tra i probabili fattori di rischio ci sono i traumi cranici, il colesterolo alto, l’ipertensione, le malattie del metabolismo come il diabete e le disfunzioni della tiroide, il fumo. Tra i fattori che invece sembrano diminuire il rischio e rallentare il decorso della malattia ci sono uno stile alimentare conforme ai principi della dieta mediterranea, adeguati livelli di vitamina B12 e folati (contenuti per esempio nel pesce, uova, vegetali a foglia larga), l’attività fisica, una buona rete sociale con frequenti interazioni sociali, e il mantenere negli anni uno stile di vita sano (non fumare, consumo moderato di alcool, fare attività fisica). Inoltre “allenare e stimolare” il cervello con attività ludiche (i cruciverba, i giochi da tavolo), l’apprendimento di nuove lingue o nuove abilità, la lettura, l’interazione sociale, etc. diminuiscono il rischio di sviluppare il declino mentale». E attenzione anche a condurre una vita emotivamente serena. La ricercatrice Sara Bengtsson dell’Università di Umeå (Svezia) ha appena scoperto che lo stress cronico aumenta la produzione di steroidi nel cervello, che inibiscono la sua normale attività e favoriscono la formazione di beta-amiloide.

Box

Nel nostro Paese la situazione è illustrata dai dati forniti dalla Federazione Alzhiermer Italia, come spiega la presidente Gabriella Salvini Porro: «In Italia si stima che le persone con demenza siano un milione, di cui 600mila malate di Alzheimer. Il nostro Paese non possiede ancora un Piano nazionale per le demenze, urgenza espressa e richiesta non solo oggi dall’OMS ma dichiarata già 4 anni fa dal Parlamento Europeo con l’adozione della Dichiarazione Scritta 80/2008, in cui si riconosceva la malattia di Alzheimer come priorità pubblica. Paesi come la Francia e la Gran Bretagna invece hanno varato nel tempo Piani nazionali per migliorare la vita dei malati e di chi li assiste, per aumentare la conoscenza della malattia, per garantire l’accesso a migliori servizi di assistenza e sostegno sul territorio. In Italia non è stato fatto ancora nulla di tutto ciò, ma urge programmare iniziative concrete»

Chiedere aiuto

 

www.alzheimer.it

Oltre a informare, sensiblizzare e sostenere la ricerca scientifica, la Federazione Alzheimer Italia sostiene i familiari e i malati fornendo servizi di supporto. Per contatti diretti: 02 809797

 

http://www.alzheimer-aima.it/

L’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer offre un numero verde per chiedere informazioni di ogni genere, dall’efficacia dei farmaci ai diritti del malato: 800 679 679

 

http://www.centroalzheimer.org/sito/alzh_quandomedico.php

Un facile test online per verificare i campanelli di allarme

 

 

Box: I numeri e i costi

Attualmente si stima che le persone affette da demenza siano 35,6 milioni in tutto il mondo e questo numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni: si prevedono 65,7 milioni di malati nel 2030 e 115,4 milioni nel 2050. L’aumento maggiore sarà nei Paesi in via di sviluppo e soprattutto in quelli più popolati (Cina, India, America Latina). In Europa le diverse forme di demenza interessano 7,3 milioni di persone con un incremento del 43% previsto per il 2020 e del 100% per il 2040. A causa di questi numeri in progressivo e drammatico aumento la demenza, nelle sue varie forme, è stata dichiarata priorità sanitaria mondiale del XXI secolo.

In Italia si stima che colpisca circa un milione di persone e di queste circa 600mila soffrano della malattia di Alzheimer. Ogni anno si registrano 150mila nuovi casi di demenza.

Nel 2010 il Rapporto Mondiale Alzheimer 2010 stima il costo della demenza a livello mondiale in 604 miliardi di dollari. Questo costo rappresenta circa l’1% del PIL mondiale.

 

Box:I segnali da tenere presenti secondo la Alzheimer’s Association degli Stati Uniti.

1. Perdita di memoria che compromette la capacità lavorativa. La dimenticanza frequente o un’inspiegabile confusione mentale può significare che c’è qualcosa che non va.

 

2. Difficoltà nelle attività quotidiane. Il malato di Alzheimer potrebbe preparare un pasto e non solo dimenticare di servirlo, ma anche scordare di averlo fatto.

 

3. Problemi di linguaggio. A tutti può capitare di avere una parola “sulla punta della lingua”, ma il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con parole improprie.

 

4. Disorientamento nel tempo e nello spazio. Il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, non sapere dove è e come ha fatto a trovarsi là.

 

5. Diminuzione della capacità di giudizio. Il malato di Alzheimer può vestirsi in modo inappropriato, per esempio indossando un accappatoio per andare a fare la spesa o due giacche in una giornata calda.

 

6. Difficoltà nel pensiero astratto. Per il malato di Alzheimer può essere impossibile riconoscere i numeri o compiere calcoli. 

 

7. La cosa giusta al posto sbagliato. Un malato di Alzheimer può mettere gli oggetti in luoghi davvero singolari, come un ferro da stiro nel congelatore o un orologio da polso nel barattolo dello zucchero, e non ricordarsi come siano finiti là.

 

8. Cambiamenti di umore o di comportamento. Nel malato di Alzheimer sono particolarmente repentini e senza alcuna ragione apparente.

 

9. Cambiamenti di personalità. Il malato di Alzheimer può cambiare drammaticamente la personalità: da tranquillo diventa irascibile, sospettoso o diffidente.

 

10. Mancanza di iniziativa. Il malato di Alzheimer la perde progressivamente: in molte o in tutte le sue solite attività.