milanoQuesta mattina ero a Milano per due piacevoli appuntamenti di lavoro: niente di concreto, solo progetti “ben piantati”. All’incrocio di viale Palmanova due zingare (pardon, due donne appartenenti all’etnia Rom) con le loro tipiche gonne fiorate, la carnagione scura e il sorrido dorato (nel senso che i denti erano sinistramente luccicanti d’oro) offrivano un servizio on the road: pulitura del parabrezza per pochi spiccioli. Con gesti gentili e pacati ho invitato la signora a non posare la lurida spazzola sul mio lurido, piccolo vetro. Arrivata…(continua)

 

milanoQuesta mattina ero a Milano per due piacevoli appuntamenti di lavoro: niente di concreto, solo progetti “ben piantati”. All’incrocio di viale Palmanova due zingare (pardon, due donne appartenenti all’etnia Rom) con le loro tipiche gonne fiorate, la carnagione scura e il sorrido dorato (nel senso che i denti erano sinistramente luccicanti d’oro) offrivano un servizio on the road: pulitura del parabrezza per pochi spiccioli. Con gesti gentili e pacati ho invitato la signora a non posare la lurida spazzola sul mio lurido vetro. Arrivata in piazzale Loreto ho trovato subito parcheggio, cosa che non accade mai. Ma siamo quasi alla fine di luglio e dalla città, come ogni anno, parte l’emorragia di abitanti. E allora mi chiedo perché quelli che rimangono, dicono sospirando: “Dio, quanto mi piace la città in agosto”, “Ho fatto le ferie prima perché mi godo la città vuota”… voglio dire, che cosa provoca questa sensazione di piacere? Non è solo una questione di parcheggio. La città d’estate è come una vecchia signora sotto le mani di una brava estetista: la vecchia signora è lì, in silenzio, appartata, mentre qualche tubatura e qualche asfalto vengono rifatti. Si riposa finalmente, nessuno le fa del male, nessuno la chiama, nessuno la pretende. I rumori si attenuano, l’aria è meno satura del fiato tossico delle auto, i commessi sono meno nervosi, agli uffici pubblici trovi funzionari già abbronzati e ti sembra che siano più sorridenti. Ma forse è solo un raggio di luce che, per caso, si è posato in quel momento su quel viso inespressivo. Eppure ci deve essere dell’altro, una spiegazione scientifica a questo “sollievo da vuoto umano”. Forse noi esseri umani abbiamo bisogno di più spazio perché nel nostro cervello qualcosa è rimasto incastonato dai tempi che furono: quando uscivamo guardinghi dalla caverna, ciò che i nostri occhi vedevano era solo la Natura. E raramente incontravamo anima viva. Ma solo spazio, tanto spazio solo per noi.