Non ho ancora smesso di chiedermi quale sia la mia casa. Sapete quel luogo magico dove ci si sente accolti, stretti nell’abbraccio invisibile del sentirsi a proprio agio. La sensazione che nulla può accadere di male perché è la tua casa. Chissà se Casa è un luogo fisico, una persona o una sensazione. L’altro giorno stavo tornando da Milano, la città dove sono nata e rimasta per trentadue anni e percorrevo gattosilverla tangenziale est con il Sole che ormai stava dando l’arrivederci. Mi sentivo sollevata dal fatto che stavo lasciando alle mie spalle il caos, lo smog, l(continua)

 

gattosilverNon ho ancora smesso di chiedermi quale sia la mia casa. Sapete quel luogo magico dove ci si sente accolti, stretti nell’abbraccio invisibile del sentirsi a proprio agio. La sensazione che nulla può accadere di male perché è la tua casa. Chissà se Casa è un luogo fisico, una persona o una sensazione. L’altro giorno stavo tornando da Milano, la città dove sono nata e rimasta per trentadue anni e percorrevo la tangenziale est con il Sole che ormai stava dando l’arrivederci. Mi sentivo sollevata dal fatto che stavo lasciando alle mie spalle il caos, lo smog, la puzza e gli sguardi sconosciuti. Il verde e le montagne e una gran fetta di cielo azzurro mi confermavano che sì, stavo tornando a casa.

Non sono nata in questi luoghi, cioè in Brianza, ma qui sto vivendo la mia seconda – anzi terza – vita e per ora va bene così, sono davvero affezionata a questa zona verdissima. Certo, la prima Casa non si scorda mai ma non era un luogo bensì una sensazione.

Era la mia vita con Anita, la mia nonna. Lei era Casa, il suo abbraccio il mio scudo contro lo schifo della vita e il suo sorriso l’incoraggiamento per andare avanti, sempre avanti. Bastava una sua frase: “Ma sì, dai, vedrai che ce la fai” senza tante menate, senza tanti ragionamenti e io, grazie all’amorevole effetto placebo… ce la facevo. E poi ero davvero innamorata del mio quartiere, che non aveva niente, ma proprio niente di bello: era la Bovisa, oggi diventato un luogo “trendy” per la presenza dell’Università e di tanti locali. Mi ha divertito molto scoprire che Rocco Siffredi (il pornoattore) e Fedez (il cantante rap) hanno girato un video correndo nudi proprio lungo la via dove sono nata. No, la casa come luogo fisico non ce l’ho più, Anita e io eravamo in affitto ma le immagini del quartiere mi perseguitano spesso di notte, nei sogni.

La mia via si chiamava Via Mercantini, una via in cui sono state  racchiuse molte vite (che mi raccontava la mia nonna) e anche un terribile episodio di cronaca nera che da ragazzina mi impressionò tantissimo. Esiste una voce su Wikipedia che parla di questo omicidio. Era il 16 febbraio del 1979, respiravamo l’aria assassina degli Anni di Piombo in tutta la loro violenza. Erano le due pomeriggio circa, pioveva, non c’erano rumori. Quel pomeriggio lo ricordo molto bene: ero sul divano a leggere un libro, mia nonna Anita stava facendo il riposino in camera sua. A un certo punto udii un botto secco e poi un altro e forse un altro ancora. Non avevo mai sentito bucare l’aria con tanta forza. Qualcuno iniziò a gridare. Io ero al terzo piano e davanti c’era il balcone e quindi non potevo vedere che cosa stava accadendo in strada. Mia nonna apparve in soggiorno e aprì la portafinestra: ricordo il tono della sua voce ma non le parole: era un tono freddo come l’acciaio, appuntito come tante spine e poi iniziò a singiozzare. Avevano ucciso Pierluigi Torregiani. Oggi il figlio, che rimase paralizzato durante la sparatoria,  sta ancora lottando per ottenere giustizia.

Non sono più tornata in Bovisa dopo la morte di mia nonna. Anche se GoogleStreetView tenta di dimostrarmi il contrario, per me la Bovisa è un non-luogo, non visitabile, non reale ed esiste solo nei miei ricordi. gattosilver