Avete presente quando versate il caffè nella tazza e magari ne esce qualche goccia (se siete maldestri come me un po’ di più) tanto che alla fine, se non pulite subito, rimane sul tavolo un alone circolare? Questo fenomeno è noto l’effetto dell’anello di caffè: dopo qualche tempo, l’acqua è evaporata e ciò che rimane sono particelle di caffè disposte in circolo, sul bordo l’esterno della macchia. Perché? Perché le gocce si sgonfiano come soufflé. Sembra incredibile ma la risposta aiuterà a migliorare la resa dei pannelli solari.
La formazione delle macchie di caffè è un argomento che interessa i ricercatori da circa trent’anni: siamo infatti nel campo della fluidodinamica, il ramo della fisica dove si cerca di capire come si muovono i fluidi (liquidi e gas).
Ebbene i ricercatori dell’Università del Nevada sostengono di aver risolto il mistero della formazione delle macchie di caffè. Innanzitutto il caffè è tanto buono, ci da una schicchera di energia e ci aiuta a digerire ma per la fisica è soltanto una soluzione colloidale, cioè un liquido (in questo caso l’acqua) in cui sono sospese in modo uniforme delle particelle solide (caffè).
Così i ricercatori hanno costruito un modello al computer per simulare l’evaporazione della soluzione colloidale che noi chiamiamo macchia-di-caffè. Prima si pensava che ci fossero delle forze interne che “spingevano” le particelle verso l’esterno durante l’evaporazione. Invece il ruolo principale ce l’ha la cosiddetta superficie libera, cioè quella superficie della goccia di caffè che è a contatto con l’aria. Questa superficie la possiamo considerare come una pellicola che avvolge tutta la goccia, un po’ come uno strato di Domopak che avvolge un piatto di cibo avanzato.
Durante la lenta evaporazione dell’acqua, la pellicola collassa, come un una bolla che si sgonfia piano, e intrappola le particelle solide di caffè. Alla fine tutte le particelle rimarranno “attaccate” alla superficie e tenderanno a muoversi verso il bordo della macchia, spinte verso l’esterno a causa del collasso della pellicola. Le equazioni usate per costruire questo modello sono state fatte “vivere” nel cosiddetto sistema di coordinate toroidali che ha permesso di trattare il problema in una sola dimensione e non in tre.
Qual è la parte più interessante? Che questa scoperta permette un’applicazione pratica! Alterando la superficie libera attraverso i cosiddetti tensioattivi (sostanze che permettono di rendere la superficie meno tesa: noi li usiamo come detersivi per rendere l’acqua più…bagnante), si può “pilotare” il moto delle particelle di una soluzione.
Così per esempio si potrebbe risolvere l’annoso problema della pulizia dei pannelli solari, che perdono fino al 90% di efficienza quando sono sporchi. Purtroppo l’acqua, lascia un alone che appunto ne abbassa l’efficienza. Invece con questa scoperta si potranno mettere a punto agenti pulenti specifici che permettono di disperdere le particelle di sporco e residui, in modo da avere pannelli ultra-puliti. Scommetto che la prossima volta che qualche goccia di caffè vi macchierà il piano della cucina, la guarderete con simpatia…
Fonti: University of Nevada, Reno. “Coffee-ring phenomenon explained in new theory: New modeling approach for droplet evaporation.” ScienceDaily.
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