caneVi capita mai di essere convinti di qualcosa, ma di non saper come dimostrare che… avete ragione

perché è il cuore che vi guida e non la razionalità?

E poi quando avete conferma della vostra idea da parte di qualcuno più esperto di voi,

vi ritrovate a pensare:

Lo sapevo che doveva essere così… e all’improvviso …(continua)

 

caneVi capita mai di essere convinti di qualcosa, ma di non saper come dimostrare che… avete ragione perché è il cuore che vi guida e non la razionalità?

E poi quando avete conferma della vostra idea da parte di qualcuno più esperto di voi, vi ritrovate a pensare: Lo sapevo che doveva essere così… e all’improvviso vi si stampa un sorriso sulla faccia ed è al vostro cuore che state sorridendo. Beh, a me è appena successo.

E chi conferma la mia idea è un professore dell’Università di Adelaide (Australia) esperto di biologia evolutiva. Per millenni gli animali sono stati considerati degli esseri inferiori perchè potevano essere addomesticati, sottomessi. E secondo alcune religioni, l’Uomo è il top di gamma degli esseri viventi.

Questa convinzione ha contaminato la scienza e la filosofia e naturalmente anche il pensiero popolare: non a caso si dice Stare come un cane in chiesa per indicare una persona maltrattata e disprezzata, perché il quadrupede non è considerato degno di camminare all’interno del luogo sacro (assassini, stupratori, preti pedofili però possono stare al cospetto del crocifisso) e quindi è cacciato con violenza.

Fa parte dell’essere umano e/o della nostra cultura disprezzare il diverso, etichettare come inferiore un essere che non fa quello che tutti gli altri fanno? Alle volte sì. Ciò che si allontana da uno schema, provoca un senso di disagio, va allora “schiacciato” nel limbo degli inferiori: altro che il “Think different” del manifesto di Jobs. E gli animali non fanno parte del nostro schema. Non scrivono, non usano l’iPhone, non costruiscono case, non guidano la macchina. Per questi motivi sono inferiori? Non potrebbe invece esistere un tipo di intelligenza differente? Sì.

Ed questo il pensiero del dottor Arthur Saniotis che mi ha fatto sorridere. Il professor Maciej Henneberg, antropologo della stessa Università, afferma che se non riusciamo a farci capire dal nostro gatto significa che non il gatto a essere stupido ma soltanto che siamo a livelli diversi. Sembra banale invece è un salto mentale notevole.

Una volta una mia carissima amica mi raccontò che, quando faceva la cameriera negli Stati Uniti, la sua capa la considerava un po’ stupida. Il motivo? La mia amica faceva fatica a capire le ordinazioni dei clienti e chiedeva di scandire lentamente le parole e quando parlava, era lenta nel formulare le frasi: l’accento locale era ben diverso dall’inglese imparato a scuola ed era difficile capire. Poi un giorno la capa la sentì parlare al telefono in italiano e in modo spedito e rimase così stupita che le disse: “Ah ma allora non sei stupida!”.

Insomma, se non riusciamo a comunicare, non significa che uno dei due interlocutori sia un po’ tonto. Il professor Henneberg fa notare che gli animali hanno un’intelligenza sociale e cinestetica. Alcuni mammiferi, come i gibboni, producono più di 20 suoni dai diversi significati per comunicare tra loro. E ai gibboni non interessa saper costruire case. Gli umani non hanno un olfatto sensibile come quello dei koala, dei cani o dei gatti: ci perdiamo un intero mondo di profumi e odori che sono dei veri e propri messaggi chimici “per naso”.

Quindi ogni volta che il mio gatto mi fa capire che ha fame, che vuol giocare, che ha sonno…mi fa capire che mi ha addestrata proprio bene.